COVID – 19 E RESPONSABILITA’ DATORIALE

Art. 2087 c.c. – Tutela delle condizioni di lavoro.

L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro 

La disposizione codicistica impone al datore di lavoro l’adozione di specifiche misure destinate a tutelare i propri dipendenti opportune ed adeguate al progresso tecnologico e scientifico oltre che, naturalmente, idonee. La mancata applicazione di tali accorgimenti implica una responsabilità del datore di lavoro verso i prestatori che comporta grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali, oltre che illecito penalmente sanzionato, con conseguente risarcimento del danno.

Purtroppo l’emergenza mondiale che viviamo a seguito della pandemia causata da Covid-19 obbliga a delle riflessioni sul punto con conseguente ripensamento della propria organizzazione aziendale, del proprio processo produttivo con la necessaria adozione di misure opportune, anche alla luce del disposto normativo di cui all’art 42 DL 18/2020 che qualifica l’infezione da Covid – 19 contratta in sede lavorativa come infortunio sul lavoro.

Numerosi sono stati i commenti degli esperti circa le corrette misure da adottare, sufficienti a garantire l’osservanza delle disposizioni da parte dei datori di lavoro, con conseguente esonero della loro responsabilità, soprattutto in assenza di previsioni normative vincolanti che attribuissero specifico valore (giuridico in specie) ai vari protocolli tecnici siglati.

A colmare il vuoto normativo è intervenuta la legge 40/2020 (di conversione del DL 23/2020) che, con l’art. 29 bis, attribuisce valenza esimente per il datore di lavoro che applichi le previsioni di cui ai protocolli.

Art. 29-bis. (( (Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19). )) ((1. Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonche’ mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale)).

Si ricorda che l’art 1 comma 14 del DL 33/2020 (convertito con legge 74/2020) così dispone: “Le attivita’ economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attivita’ economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalita’, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16.”

Pertanto, il datore di lavoro che si attenga ai protocolli indicati dalle norme di legge:

  • protocollo 24 aprile 2020 tra Governo e parti sociali
  • protocolli adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e province autonome
  • accordi di settore

gode della esimente prevista dalla legge.

Occorre però sul punto precisare che, come da orientamento espresso dalla Cassazione nella recente sentenza n 11546/2020, la mancata adozione delle specifiche misure contemplate nei suddetti protocolli, cui corrisponda tuttavia l’adozione di cautele destinate comunque a proteggere i prestatori di lavoro, non implica automaticamente la responsabilità ex art. 2087 c.c. del datore di lavoro, poichè non è possibile imporre “un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a “rischio zero” quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile, così come non può ragionevolmente pretendersi l’adozione di strumenti atti a fronteggiare qualsiasi evenienza che sia fonte di pericolo per l’integrità psicofisica del lavoratore; va infatti considerato che, ove applicabile, un siffatto principio importerebbe quale conseguenza l’ascrivibilità al datore di lavoro di qualunque evento lesivo, pur se imprevedibile ed inevitabile, e nonostante l’ambito dell’art.2087 cod. civ. riguardi una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici, e non meramente possibilistici.”

si rende, pertanto, pur sempre necessaria la dimostrazione della colpa del datore di lavoro, concernente l’efficacia delle misure adottate o le eventuali omissioni, nonchè il nesso causale tra il lamentato danno occorso al prestatore di lavoro e detta negligenza datoriale.